Oggi, per la festa della mamma parliamo di loro attraverso un'indagine svolta da Save the Children che presenta le mamme come delle vere “equilibriste”, e vediamo perchè.
Le mamme oggi in Italia sono in media un po’ più avanti negli anni, 31 e mezzo alla nascita dei figli, e molto raramente sono teenagers (meno di 2 mila i figli nati da madri minorenni), ma tutte, indistintamente, condividono una condizione inequivocabile di svantaggio sociale, professionale ed economico. “Le donne nel nostro Paese sono infatti costrette a un difficile equilibrismo tra la scelta di maternità e il carico dovuto alle cure familiari, ancora molto sbilanciato sulle loro spalle e reso ancor più gravoso dalla carenza di servizi di sostegno sul territorio, facendo al tempo stesso i conti con un mercato del lavoro che le penalizza a priori in quanto donne e diventa un problema ancora più grande quando arrivano i figli”. Cura familiare, lavoro e servizi pubblici per l’infanzia sono proprio le tre dimensioni rappresentate nel nuovo Mothers Index (Indice della Madri) italiano di Save the Children, che stila una speciale classifica delle regioni dove è più facile essere mamme in Italia.
L’indice incrocia in modo ragionato sette tra i principali indicatori disponibili per diverse fasce d’età, quali il tasso di fecondità, l’indice di asimmetria nel lavoro familiare, il tasso di occupazione femminile e quello di mancata partecipazione al mercato del lavoro, l’indice di presa in carico degli asili nido e dei servizi per la prima infanzia e la frequenza della scuola dell’infanzia.
Se la regione più “mother friendly” di tutte risulta essere il Trentino Alto Adige, che si colloca al primo posto seguito nell’ordine da Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Piemonte e dalle altre regioni del nord, che mostrano in generale condizioni più favorevoli alla maternità, la Calabria chiude invece in ultima posizione la speciale classifica, preceduta di poco da altre regioni del Mezzogiorno come Puglia, Basilicata, Sicilia e Campania.
“Si tratta di uno squilibrio territoriale tra nord e sud confermato anche nel dettaglio di ciascuna dimensione che compone l’indice relativo a cura, lavoro e servizi per l’infanzia – afferma Save the Children -. Anche osservando solo l’aspetto della cura familiare, infatti, l’Emilia Romagna si colloca al 1° posto mentre all’ultimo troviamo la Calabria, e rispetto all’accesso delle donne al mondo del lavoro il Trentino Alto Adige è la regione più virtuosa, la Campania quella meno. Per quanto riguarda l’offerta di servizi pubblici per l’infanzia, la Valle d’Aosta si segnala al 1° primo posto e la Basilicata all’ultimo”.
Una mappa regionale della maternità in Italia, questa, presentata e analizzata nei suoi vari aspetti nel nuovo rapporto “Le Equilibriste – Da scommessa a investimento: maternità in Italia”, diffuso da Save the Children alla vigilia della Festa della Mamma 2016.
Famiglia tanta, lavoro poco. Se nel 2015 l’Italia si posiziona al 41° posto su 145 paesi nel rapporto globale sulle disparità di genere, segnando un miglioramento della condizione femminile rispetto a istruzione e presenza nelle istituzioni, la nostra posizione crolla al 111° posto se si prende in considerazione solo l’accesso delle donne al mercato del lavoro. Un dato particolarmente negativo che trova una spiegazione nell’impegno preponderante, in particolare delle donne madri, nel lavoro di cura familiare. Come evidenzia proprio il rapporto di Save the Children diffuso oggi, “la pressione del lavoro di ambito familiare, cioè svolto a favore della casa e, appunto, della famiglia, riguarda in Italia circa 8 milioni di mamme tra i 25 e 64 anni che convivono con figli dai 15 anni agli under 25, ma ancora dipendenti economicamente da loro, ma si concentra maggiormente su quelle con almeno un figlio sotto i 5 anni, che riguarda 2milioni e 700mila mamme, o tra i 6 e gli 11 anni che ne interessa invece circa 2 milioni. L’aumento nel corso degli ultimi vent’anni delle separazioni (+70,7%) e dei divorzi (+100%), inoltre, ha moltiplicato il carico di cura ma in misura molto diversa tra uomini e donne, in sfavore di queste ultime: quasi una mamma su due (45,5%) tra i 35 e i 54 anni separata o divorziata vive da sola con i figli contro l’8,4% degli uomini”.
Il carico preponderante di cure familiari per le mamme si intreccia con un mercato del lavoro che in Italia ne taglia fuori circa il 50% tra i 25 e i 64 anni, mentre in Europa non raggiunge il 33%. L’accesso al lavoro delle mamme in Italia si riduce ulteriormente se aumenta il numero dei figli: “tra i 25 e i 49 anni il tasso di occupazione materna con 1 figlio è pari al 58,6%, ma si ferma a 54,2% se i figli sono 2 e non supera il 40,7% con 3 o più figli. Un dato fortemente sbilanciato rispetto agli uomini occupati che supera sempre l’81%”.
Anche quando lavora, 1 mamma su 3 si ritrova a fare ricorso al part-time, percentuale che cresce, anche in questo caso, con il numero dei figli. L’8,7% delle mamme che lavora o ha lavorato, poi, ha sperimentato un licenziamento forzato in caso di gravidanza, e la percentuale delle dimissioni in bianco sale ulteriormente se si tratta delle donne più giovani.
Equilibriste loro malgrado. Come ben evidenziato nel rapporto di Save the Children, l’accesso al mercato del lavoro delle mamme dipende dalla possibilità di trovare un equilibrio soddisfacente tra la loro vita personale e quella lavorativa. “Su questa sfida grava fortemente la diversa distribuzione del lavoro familiare tra uomini e donne. Se si considera l’uso della risorsa più preziosa, il tempo, le donne italiane over15 dedicano al lavoro familiare non retribuito circa 5 ore e 9 minuti al giorno, contro le 2 ore e 22 minuti degli uomini, mentre in Norvegia, ad esempio, dove l’uguaglianza di genere è maggiore, l’impegno femminile in famiglia scende a 3 ore e 31 minuti. Uno squilibrio che è ben rispecchiato dall’indice di asimmetria del lavoro familiare in Italia, che è pari al 71,9% per le coppie in generale, e che sale a 72% per quelle sposate con figli, con una maggiore incidenza al sud (75,8%)”.
Chi aiuta. Guardandosi intorno in cerca di sostegno, le mamme con un figlio fino ai 3 anni trovano per lo più l’aiuto dei nonni, nel 51,4% dei casi, quello di un asilo nido, 38,8%, di una colf, baby-sitter o badante (4,2%) o di altri familiari (2,5%), e solo nel 3,3% dei casi quello del compagno o del marito. “La prevalenza dei nonni nel sostegno alle mamme, non è però risolutivo: molte sono quelle che non possono contare su di loro, e questo tipo di aiuto è destinato ad assottigliarsi sia per effetto dell’aumento dell’età media delle madri che per il prolungamento dell’età lavorativa dei nonni stessi. Inoltre, bisogna considerare che il 29,7% delle mamme lavoratrici che hanno un figlio 0-3 anni che non frequenta l’asilo nido desidererebbero che non fosse così, e indicano come maggiori ostacoli la retta troppo cara (50,2%) o la mancanza di posti (11,8%)”. La presa in carico tra 0-3 anni degli asili nido e dei servizi integrativi e innovativi per la prima infanzia in Italia è infatti ferma al 13%, con il picco positivo in Emilia Romagna (26,8%) e il dato peggiore in Calabria (2,1%).
Fiocchi in Ospedale. Avviato nel 2012, il progetto “Fiocchi in Ospedale” di Save the Children promuove un intervento precoce per il benessere dei bambini, attraverso un sostegno ai futuri genitori, ai neo genitori e al piccolo, favorendo l’ascolto dei bisogni, l’accoglienza, e l’accompagnamento, in sinergia con le strutture ospedaliere e il territorio. Il progetto funziona all’interno di alcune tra le principali strutture ospedaliere per la maternità, quali il Policlinico di Bari, il Cardarelli di Napoli, il Niguarda di Milano mentre a Roma sono il Gemelli e il San Giovanni Addolorata.
In occasione della Festa della Mamma 2016, infine, Save the Children Italia ha lanciato in Rete un videoclip molto bello ed emozionale per raggiungere in modo virale e per fare gli auguri a milioni di mamme che già dall’inizio rischiano la vita per i propri figli, lottando ogni giorno per vederli crescere e proteggerli, per insegnare loro a non mollare mai.