lunedì 25 novembre 2024

Il Bianco il Nero

continuerò ad essere certo che non ho certezze

Il Bianco il Nero
Il nero e il bianco, la ragione e il torto, il giusto e lo sbagliato, due estremità, due punti divergenti. Ogni individuo ha un proprio concetto, per sé indiscutibile, del bene e del male. Non v’è soggettività, è inopinabile. Ogni individuo ha nelle proprie tasche la ragione, con tanto di spiegazione chiara, convinta, che non ammette repliche. Ragione e torto, giusto e sbagliato, bene e male, concetti agli antipodi. Eppure proviamo a raffigurare questi due concetti collocati alle estremità di una corda, uno a sinistra, l’altro a destra. Due punti così lontani, apparentemente. Da una parte la ragione, dall’altra il torto, da una parte il bene, dall’altra il male.
Prendiamo i due capi della corda e li uniamo, la linea retta che teneva distante le due estremità ora è un cerchio. Ora il bene e il male si toccano, tra ragione e torto non v’è alcuna distanza. Non c’è più destra né sinistra… la distanza tra le due estremità è annullata, tutto è rimesso in discussione. Il confine tra l’uno e l’altro è azzerato, nessuna contrapposizione. 
Ecco perchè è importante e utile, ogni tanto, rivedere le proprie posizioni, anche i più fermi convincimenti.
La nostra generazione ha vissuto un evento straordinario, abbiamo chiuso un millennio e ne abbiamo aperto uno nuovo. Possiamo dire di avere vissuto due millenni, eravamo nel secondo qualche anno fa, ora viviamo il terzo. Straordinario. Ed abbiamo vissuto un cambiamento sociale incredibile. Che qualcuno chiama “sviluppo”, quelli che ci raccontano come stanno le cose. Dal secolo scorso si sono fatti passi da gigante verso un mondo di benessere, verso uno stile di vita fatto di maggiori comodità. Con tanti più agi. E la tecnologia ha contribuito in un modo determinante, come la scienza, la ricerca, la comunicazione.
Si può credere, di logica, che tutto questo ha reso la vita dell’essere umano più facile. Quell’umanità, per lo meno, che rientra nella parte del mondo occidentale. Significa che costoro, un tempo, prima di questo “sviluppo”, vivevano una vita più difficile. Due estremità opposte, facile e difficile. Prendiamo la nostra corda, uniamola, facile e difficile si toccano.
Certo, è incontestabile la praticità di una lavatrice rispetto ai vasconi all’aperto dove si faceva il bucato un tempo. E la comodità di tutti gli altri mille elettrodomestici? Si può per caso ignorare il comfort delle nostre case moderne? Con 2 o 3 bagni anziché quell’unico sgangherato water nel cortile? E il computer, il cellulare, i mezzi di trasporto… Le distanze si sono accorciate drasticamente. Si comunica all’istante da una parte all’altra del pianeta, e magari ci si può anche vedere attraverso un monitor. Che magìe! Che grandi comodità! Ma i due opposti si toccano. E se cambiamo il punto di vista, forse, scopriamo che tutto quello che ha fatto la nostra vita più facile, in realtà, l’ha resa dannatamente più complicata.
E’ l’era della comunicazione, ci dicono. Si, è vero, sentiamo i nostri parenti d’America come fossero dietro l’angolo di casa, però non conosciamo il nostro vicino di pianerottolo. E manco lo salutiamo… 
Viaggiamo su mezzi velocissimi, ma siamo sempre in ritardo… 
Abbiamo giornali di ogni tipo e grandi Tv ad altissima risoluzione, in ogni stanza della casa, che ci danno milioni di notizie, ma non conosciamola verità… 
Abbiamo sconfitto le malattie più mortali, ma ne abbiamo coltivate altre, più difficili da curare, la solitudine, la depressione… 
Andiamo in vacanza su spiagge meravigliose, ma siamo pieni di debiti… 
Facciamo la nostra bella figura andando in Africa ad aiutare questo martoriato popolo del terzo mondo, ma continuano, e forse ancor più, a morire di fame, di sete, delle più banali malattie.
Ma scopriamo in loro un sorriso che noi abbiamo dimenticato dai tempi dell’adolescenza…
Chi ha bisogno di più? Chi stà meglio? Chi stà peggio? Bene e male, due opposti che si toccano. Tanti sanno, o pensano di sapere, cos’è l’uno, cos’è l’altro. Alcuni invece non lo sanno ancora. E, saggiamente, se lo chiedono ogni giorno. Come si chiedono il perché di mille cose. Ma non c’è perché. Siamo così tremendamente soli. Soli in quest’epoca, quest’era della comunicazione. Soli, con i nostri mezzi di trasporto sempre più veloci, con internet, con i satellitari. 
Quest’era della confusione, dello stordimento. Andiamo, corriamo, facciamo.
Teniamo tutto in pugno, e lo stringiamo. Poi lo apriamo ed è pieno di nulla. Andiamo, corriamo, facciamo. 
Andiamo non si sa dove, corriamo sempre, facciamo non si sa che. E nemmeno lo vogliamo sapere. Non abbiamo il tempo di fermarci, di chiedercelo. Non troviamo il tempo per pensare, per riflettere. Perché dobbiamo andare, correre, fare. 
Ma dovremmo fermarci. E fermare tutto quello che turbina attorno a noi. Darci una collocazione, individuare un senso di appartenenza. E’ necessario, indispensabile. Oppure no, oppure è inutile.
Due estremità. L’indispensabile e l’inutile. Cos’è l’uno, cos’è l’altro. Come sempre, ognuno decida per sé. In cuor mio ritengo indispensabile un senso di appartenenza, come indispensabile ritengo sia fermarsi, ogni tanto, riflettere, pensare. Pensare a noi, alle estremità che si toccano, il bene e il male, il torto e la ragione. 
E pensare che invece vi sono estremità che non si toccheranno mai, che non si fonderanno mai. Come l’amore e l’odio, come la tolleranza e l’intolleranza.
Come la guerra e la pace. Estremità che non si toccheranno mai, che non troveranno mai punto di congiunzione. Ne sono certo… per ora…
Continuerò a viaggiare, a vivere la gente, a volermi trovare in difficoltà. Continuerò a fermarmi, a riflettere. E a non capire...
Continuerò ad essere certo che non ho certezze. Continuerò il mio viaggio di luoghi, di culture, di persone, di visi, di mani. Che si stringono. Per amicizia, per amore. Quegli amori che passano, quelli che non passeranno mai. Per una persona, per un luogo. Un viaggio per partire, per ritrovarsi, per tornare.
E forse per non lasciarsi mai più…

©Roberto Roby Rossi

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