Ogni viaggio si fa per tornare, ogni partenza è per ritrovarsi, scrive un noto grande viaggiatore. E’ così. Ogni viaggio è per ritrovarsi. Perché ciò che è di tutti i giorni, in un ripetersi incessante, porta a perdersi, a dimenticare. A dimenticare di noi stessi. Il muoversi, l’agire, il fare diventa meccanico. E anche il pensare diventa meccanico. E poi il pensare si fa sempre meno. Fino a quando non si pensa più, non si dedica più tempo a pensare. Ed ha inizio una fase involutiva. Quella parte cerebrale atta all’elaborazione del pensiero non agisce più. Prima rallenta, poi si ferma. Non ci si chiede più nulla. Tutto è dato per scontato. Tutto è così com’è. E la vita comincia a scorrerci addosso. Si subiscono gli eventi. Non si reagisce più.
Viaggiare è mettersi in gioco. E’ nuova gente con la quale confrontarsi, esperienza che fa crescere. Ad ogni età. In auto o in motocicletta, in treno o in aereo, a piedi zaino in spalla. Non importa come, quel che importa è staccare. Dalla casa, dal bar, dall’ufficio, dalla fabbrica, dalle solite cose. Staccarsi dalle abitudini. Partire lasciando tutto questo. Partire verso cose nuove, diverse. Mettersi in gioco, confrontarci con ciò che non conosciamo. E così il processo del pensiero si attiva, riprende fluido. La mente torna ad elaborare quei dati che la quotidianità uccide. O meglio, nasconde. A volte per lasciare spazio ai troppi problemi di tutti i giorni. Problemi spesso fasulli, ma che oberano la testa. Altre volte per tutelarci dai ricordi dolorosi, che abbiamo rimosso, che abbiamo nascosto in qualche meandro del cervello. E’ necessario invece che la mente torni a riprendere quei dati, che li riproponga. Per non dimenticare. Perché non si deve cancellare la memoria, si deve invece imparare ad usarla. Perché è la nostra storia, racconta la nostra vita. E la vita è fatta di passaggi, di gioie e, spesso, di sofferenze. Che fanno crescere. Che devono aiutare a sbagliare meno. O che comunque devono aiutare a capire i nostri errori. Per trarre da loro anche elementi positivi, costruttivi.
La memoria, i ricordi. Di ciò che è stato, di quanto vissuto. Riprenderlo, riviverlo. Nei risvolti di un viaggio. Verso nuove mete, ma anche verso mete già vedute. Che si trasformano, che vediamo con occhi diversi, perché siamo noi sempre diversi. Perché ogni viaggio è sempre un nuovo viaggio. Sempre una nuova esperienza. Fuori e dentro di noi.
Oggi in Bielorussia, per i bambini di Chernobyl. Domani magari in India, oppure in Perù, per altre esperienze, per altre difficili realtà. Oppure domani ancora nella mia Africa “l’altra tua metà”. Lei, l’Africa, che è dentro il mio cuore. Mio padre mi ha insegnato ad amarla. E mi ha insegnato ad amare. Un viaggio è per ritornare, per ritrovarsi. Un viaggio è per amare. Amare la gente, amare la vita. Amare in un sorriso, in due mani che si stringono. Amare in un abbraccio, in uno sguardo. Amare in un dolce bacio sulla guancia, su un pearcing…
Oggi in Bielorussia per questo, per amare. Per ritrovare quei bambini che torneranno quest’estate da noi. Nelle nostre case, nelle nostre famiglie. Per dire a loro che non li abbiamo dimenticati, che non li dimenticheremo mai. Per fargli sentire il nostro amore. Con un bacio, con un abbraccio, con un sorriso. Oggi in Bielorussia per questi bambini.
Un viaggio organizzato dall’”Associazione Travo – Valtrebbia per l’accoglienza e la solidarietà”. Cinque giorni là, sul posto, a casa loro. In viaggio con un gruppo di persone che credono che il proprio bene passi attraverso il bene per il prossimo. Attraverso il bene per questi bambini. Tanti, troppi bambini che vivono le conseguenze drammatiche del più grande disastro nucleare della storia. Entreremo nelle loro case, negli orfanotrofi. Andremo a trovare i “nostri” bambini, che hanno bisogno di credere in un futuro migliore. Che hanno diritto ad un futuro migliore.
Per Libertà scriverò di questi giorni, racconterò le emozioni, le sensazioni. Parlerò di questi bambini. Parlerò della sofferenza, dell’ingiustizia, del profitto a tutti i costi. E parlerò d’amore, che è sopra ogni cosa. Sopra il profitto, sopra l’ingiustizia, sopra la sofferenza.
©Roberto Roby Rossi