Nyeri, zona rurale del Kenya
in uno slum a 200 km. a nord di Nairobi
L’ultima tappa di questo reportage mi porta a Nyeri, 200 km. a nord di Nairobi. Vivace e ricca di negozi, Nyeri è tra le località più grandi degli altipiani centrali, oltre ad essere punto di partenza per la visita all’Aberdare National Park. Da presidio militare, si trasformò in centro commerciale e sociale dove si davano appuntamento allevatori, agricoltori e coltivatori di caffè europei.
In seguito, però, il crollo dell’economia portava, attorno agli anni ‘70 all’esodo verso le città e la costa, alla ricerca di condizioni di vita migliori.
Da qui, come anche dalle zone rurali al confine con l’Uganda, un esercito di milioni di persone si sono riversate nella capitale, come anche a Mombasa e su tutto il litorale dell’Oceano Indiano, andando a creare quelle immense baraccopoli che abbiamo visitato nei giorni scorsi.
La crescente povertà non ha poi risparmiato anche coloro che, in questi piccoli centri, riuscivano comunque a sostenere, pur senza pretese, una vita accettabile. Ed è così che anche a Nyeri, come in tanti altri centri minori, si è vissuto il fenomeno degli slum, con la formazione di un popolo che andava ad occupare e ad incrementare sempre più queste baracche.
E’ un bellissimo territorio questo, coperto da una ricca vegetazione, fatta di piantagioni di caffè e di tè, ma anche di ortaggi, canna di zucchero, agrumi, banane e noci.
Era questa l’economia trainate di questa gente, fino a quando le multinazionali non hanno deciso di coalizzarsi, imponendo a questi prodotti un prezzo di acquisto sempre più basso, che ha impoverito, nel giro di pochi anni, l’intera comunità locale.
Visita a Nyeri con Sanson, la nostra guida
Arriviamo a Nyeri a bordo di un matatu, dopo circa 3 ore di viaggio, al costo di 12000 scellini in due, 6 euro a testa. Per una camera doppia spenderemo sui 20000 scellini per una notte al Batian Hotel, nel centro della cittadina. Fino a ieri pioveva, ma oggi la giornata è illuminata da uno splendido sole caldo e la luce è limpida, il cielo azzurro, la terra rossa argillosa ricorda l’Uganda, il Karamoja.
Conosciamo Sanson in un bar, lui sarà la nostra guida in questo week end a Nyeri. “Sono nato qui e qui ho la mia famiglia e i miei genitori – racconta Sanson – ma quasi ogni giorno scendo a Nairobi perché la mia attività la svolgo soprattutto là”. Lui si occupa di turismo, ha una piccola agenzia con la quale organizza tour guidati. Ha personale preparato che lo collabora, ma nel nostro caso è lui stesso che ci accompagnerà in questi 2 giorni.
“Lo slum di Nyeri non è come quelli di Nairobi – ci precisa Sanson – anche se comunque la gente deve fare i conti tutti i giorni con problemi di cibo e di sopravvivenza”.
In effetti verifichiamo di persona che l’ambiente è tutt’altra cosa da Kibera o Korogocho, le abitazioni sono più ampie, lo sporco non è a quei livelli.
“Circa metà della popolazione vive qui – continua la nostra guida – a ridosso di questo fiume che fa da confine con le carceri” e ci indica una costruzione dentro la quale stanno circa 300 detenuti. All’interno dello slum, che si raggiunge in pochi minuti dal centro della cittadina, si notano piccoli appezzamenti di terreno per la coltivazione di mais, banane e ortaggi.
Entriamo in una casa, accolti da un amico di Sanson. Ci offrono da bere qualcosa che sa di un intenso gusto di tè. I 3 figli si siedono vicino a me e a Nicolò. Faccio a loro qualche foto, poi ridono e si divertono guardandole nel monitor della macchina. Ha 4 anni Steven, il più piccolo, che si butta sul divano con salti da acrobata, sfiorandomi. Dopo qualche minuto siamo con loro e tanti altri bambini di nuovo in visita allo slum.
Non ci sono attività di commercio, quelle piccole baracche che avevamo visto negli altri slum di Nairobi. Solo qualche laboratorio di sartoria che si limita ad una vecchia macchina da cucire poggiata su un tavolo.
Sono arrivate ormai le cinque, la sera si avvicina, la luce sta già calando.
Salutiamo la coda di gente che ci ha seguito in questa visita, i bambini che ti saltano vicini per farsi prendere in braccio, qualche minuto ancora e poi siamo in direzione centro Nyeri.
L’appuntamento con Sanson è per il giorno dopo, sabato, si andrà al villaggio, per poi rientrare a Nairobi. Questa sera proveremo un locale tradizionale, con una discreta cucina, peccato che il mio nyoma choma è a base di carne tutt’altro che tenera. La stanchezza ha il sopravvento, per cui solo il tempo di una birra e poi subito in albergo. La mattina risplende dello stesso sole di ieri, bello e caldo. Sono le nove e Sanson è già di sotto, nella hall.
Buona colazione e partenza per il villaggio, a circa 6 km. da Nyeri, direzione Nyahururu. Con Sanson c’è Randy che con una vecchia Nissan ci condurrà a destinazione. La strada arrampica, attorno un ambiente meraviglioso, una vegetazione rigogliosa ricopre questo altopiano. Un paio di soste per riprendere questo paesaggio, per immortalare questi colori vivi, straordinari. Sanson ci fa segno in lontananza del villaggio, che pare non abbia nome, ci dice, ma non mi convince, realizzo che o non lo sa o non lo ricorda.
Appena scesi dall’auto, ci incamminiamo salendo una strada rossa e scorgiamo le prime capanne. Pochi passi e già ci corrono incontro bambini e ragazzi che cominciano a salutarci, prenderci la mano, chiederci una foto. Non so, forse è troppo presto, forse ancora dobbiamo carburare, ma questa grande vitalità attorno a noi, in questo momento ci infastidisce un po’. Anche quella pace che domina quest’angolo di paradiso non si addice a tutto il casino che in pochi secondi si è creato attorno.
Ma è solo il primo impatto. Ritorneremo consci dell’african style e trasformeremo questo momento di serenità svanito in un ulteriore opportunità per goderci questi bimbetti scatenati. Anche perché non c’è alternativa…
Il villaggio è un insieme di una ventina di capanne, in terra sterco e legno. Quasi tutti hanno qualche capra, qualche gallina che scorrazzano per le polverose stradine. Anche qui le famiglie sono composte da circa 7/8 persone e vivono in spazi ristretti, tuttavia la giornata è trascorsa prevalentemente all’aperto.
Curano le proprie poche coltivazioni, quei pochi animali, fanno qualche lavoretto nei dintorni. Non danno l’idea angosciante degli abitanti dello slum, hanno uno stile di vita molto diverso. Qui hanno scelto di mantenere uno stile di vita più tribale, di conservare e vivere le proprie tradizioni.
E’ trascorsa poco più di un’ora quando decidiamo di tornare verso Nyeri.
Una cittadina, tutto sommato, piacevole, certamente vivibile, dove la povertà, che comunque c’è, non produce sulla comunità devastazioni come quelle viste a Nairobi. Salutiamo Sanson davanti ad una fresca bibita e ci avviamo al nostro matatu. Dopo quasi 3 ore siamo di nuovo nel caos della capitale.
Domani sarà Italia. Anche questa avventura è terminata.
A presto, mia amata Africa.
©Roberto Roby Rossi
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