Palazzi ed attrazioni di Nairobi
tour per la città e dintorni
Questa mattina, come tante che verranno, inizia così, nel grigiore metropolitano. Sono le 9 e dopo una doccia, fredda non per scelta, usciamo. A pochi metri facciamo sosta per la prima colazione in un locale carino, stile occidentale...
Questa mattina, come tante che verranno, inizia così, nel grigiore metropolitano. Sono le 9 e dopo una doccia, fredda non per scelta, usciamo. A pochi metri facciamo sosta per la prima colazione in un locale carino, stile occidentale. Ottimo il servizio al tavolo, dato da personale attento e cortese. Grazioso l’ambiente, ampio e luminoso nel modo giusto, tradito da un pesante colore rosso mattone che ricopre tutte le pareti e che esercita sull’ospite una pressione quasi fisica. Cappuccino e brioche, senza pretese.
Quest’oggi tour per Nairobi, per andare in visita a luoghi secondo un preciso programma che abbiamo definito. Subito al Kenyatta International Conferential Center (vedi sotto), a poco meno di un quarto d’ora di passeggiata. Si tratta della più alta costruzione della città, che sorge proprio frontalmente al candido bianco Palazzo del Parlamento. Il KICC è di struttura circolare e monta sulla cima una piattaforma che, oltre ad essere pista di atterraggio per elicotteri, consente di avere sulla città una panoramica a 360°. La visita è guidata e ad accompagnarci è Ann, una piccola hostess che ci dedica quasi un’ora, tutto per un totale di 800 scellini locali, poco meno di 8 €.
Scendiamo per immergerci nuovamente nel devastante traffico urbano che nel frattempo, sembrava impossibile, è aumentato. Qualche minuto respirando a pieni polmoni nere nubi di smog, per giungere alla Moschea Jamia (vedi sotto). Quando siamo nei paraggi è un lamento che suona alto che ci fa da guida: è l’ora della preghiera. Qualche scatto fotografico dall’esterno, anche perché l’accesso è consentito solo ai musulmani. Intanto si fa l’ora di pranzo. Decidiamo per un locale in zona, semplice ed economico, dove ci facciamo servire due buoni chapati, spiedini di carne alla griglia e da bere due Tusker, tutto per meno di 9 €. Il pomeriggio prevede altre tre tappe, la prima al Langata Giraffa Centre, di carattere squisitamente turistico, la seconda al National Museum, e per ultimo un luogo che rievoca invece eventi nefasti della nostra recente storia: l’American Embassy Memorial Garden.
Sono circa le 15 quando giungiamo al Langata Giraffa Centre (vedi sotto), che sorge a circa mezzora di matatu dalla città. Siamo in compagnia di Alex, la nostra guida, al quale lasceremo, su richiesta, una congrua mancia! La struttura si inserisce perfettamente in una verde e ricca vegetazione, ed è dotata di punto ristoro e classico negozietto di souvenir. Non più di venti minuti è la nostra permanenza lì dentro, perché al di là di qualche giraffa che ti viene a mangiare dalle mani, altri spunti di interesse non ne cogliamo.
Ritorniamo in centro per il National Museum (vedi sotto), una struttura imponente che sorge nel mezzo di un lussureggiante parco. Ampia e svariata l’esposizione che prevede sculture, dipinti, animali impagliati, oggetti tribali ed altro. Visitiamo, prima, la Gallery of Contemporary East African Art, con esposizione di opere di artisti locali che occupa il primo piano dell’edificio, poi il Kuona Trust, una sorta di studio d’arte di incontro, confronto e laboratorio di numerosi artisti kenioti.
Per ultima la visita all’American Embassy Memorial Garden (vedi sotto), l’ex ambasciata americana colpita e distrutta dall’attentato dei terroristi islamici nel 1998. Il costo d’ingresso è di 20 scellini e all’interno un percorso di immagini fotografiche documentano la tragedia in cui trovarono la morte numerose persone. Una sala è attrezzata con videoschermo e posti a sedere per assistere ad un filmato che rappresenta la ricostruzione dei fatti. Il tutto si colloca proprio dove un tempo sorgeva l’ambasciata. All’aperto una lapide elenca i nomi dei deceduti, un lungo triste elenco, frutto della follia umana. La visita riesce a trasmettere, per quel che è possibile, il dramma di quella follia, con un senso di stordimento che accompagna lungo tutto il percorso. Un modo giusto per ricordare le vittime, un modo giusto per non dimenticare la storia, per capire l’attualità.
Sta calando la luce, a queste ore del tardo pomeriggio l’atmosfera si fa particolare, purtroppo l’immancabile caos ne spegne la magia. Rientriamo in albergo. Un po’ di riposo, doccia, e fuori di nuovo.
Per la cena scegliamo un locale annoverato “tra i 50 ristoranti più famosi del mondo”, dice la Lonely: il Carnivore. Beh, si, decidiamo di trattarci bene questa sera. E decidiamo di provare quella che è la specialità locale: il nyama choma, carne alla griglia. All’ingresso un enorme barbecue sul quale cuociono ogni tipo di carne, compresa quella di struzzo, di coccodrillo e di cammello. Di recente sono state tolte, per leggi a tutela degli animali selvatici, le carni di zebra, antilope, kudù ed altre. Si entra e ci si accomoda al tavolo, accompagnati dal personale, presente in un numero sbalorditivo. Verificheremo presto il perché. L’ambiente è molto grande, dislocato su diversi ambienti tra l’interno e il bellissimo giardino esterno, con terrazze e sale veramente graziose.
Una bandierina al centro del tavolo dà via libera ai camerieri per servire in continuità le diverse portate, che verranno proposte fino a quando non si toglierà la bandierina, che significa pieno effettuato. E’ proprio così, al Carnivore si mangia fin che si vuole, e si può eventualmente decidere per una momentanea sosta, rimuovendo la bandierina per poi ripiazzarla di nuovo al centro del tavolo e ricominciare!
Spenderemo, con una bottiglia di vino, circa 40 €, una follia per queste parti, non per chi è abituato ai prezzi europei.
Continuiamo la serata al Simba Saloon, a fianco del ristorante. Un locale a metà tra discoteca e music bar, che si riempirà attorno all’una. Potremmo dirci soddisfatti, rientreremo in hotel, non prima di una sosta per l’ultima sambuca, che consumeremo al New Florida, un locale dalla musica altissima, affollato di ogni genere umano.
Durante quest’ultimo drink l’illuminante idea delle 3 di notte, che ci porterà domattina ad una levataccia… ma scopriremo poi che ne valeva proprio la pena!
American Embassy Memorial Garden
Si colloca sulla Moi Ave, una delle più trafficate strade del centro di Nairobi, dove però, misteriosamente, il caos si quieta, i frastuoni si attenuano e si vive una strana sensazione di tranquillità e, quasi, di pace. Come se si volesse portare rispetto a tutte quelle persone che qui hanno trovato la morte, un dannato giorno del 1998, quando un attacco terroristico di Al Queda fece esplodere l’Ambasciata americana, preludio a quello che succederà nel settembre 2001.
Si accede dal curato giardino, al centro del quale una grande lapide elenca i nomi delle tante vittime. Una strana scultura di un artista locale assembla pezzi di quanto recuperato tra le macerie. Si paga 20 scellini, un’inezia, che servono per mantenere questa struttura in ordine e adeguata allo scopo per la quale è stata concepita, che è quello di ricordare il passato e chi, quel giorno, ha perso la vita.
Che serve per non dimenticare la storia. Una costruzione dentro alla quale, attraverso un percorso fotografico, si rivivono i momenti della tragedia, il dramma della follia. Documenti e testimonianze anche montati in un video, proiettato in un’apposita sala con posti a sedere, dove vengono narrati i momenti antecedenti l’esplosione, con la ricostruzione dell’attentato e, in seguito, le immagini del disastro nel racconto dei protagonisti sopravvissuti. Poco inserito nelle classiche visite alla città, l’American Embassy Memorial Garden è invece una tappa da non perdere.
Moschea Jamia
E’ una domenica mattina quando vado in visita a questa bella costruzione in classico stile arabo. Le sue alte cupole iniziano a vedersi in lontananza, mentre una sfilza di bancarelle, il cui ricavato è destinato all’attività di manutenzione della moschea, sfila lungo tutto il tratto di strada che porta all’ingresso. A ridosso del centro cittadino, Jamia è la più importante moschea di Nairobi, graziosa e ben curata, purtroppo soffocata dagli alti e fatiscenti palazzi circostanti. Si possono apprezzare i marmi e le incisioni coraniche, solo tuttavia quelle visibili dall’esterno, poiché in questo luogo di culto islamico è consentito l’accesso solo ai musulmani, per tutti gli altri l’ingresso è possibile solo in momenti particolari.
Kenyatta Conference Centre
Dall’alto di questo edificio si può apprezzare la più bella veduta su Nairobi, con l’occhio che si perde, in belle giornate di luce, fino ai quartieri periferici. La struttura è di forma circolare, molto avveniristica per i tempi della sua concezione, a metà tra la tradizionale architettura africana e quella moderna. Sulla cima, sopra ai 34 piani che conta l’edificio, una piattaforma corre attorno a tutto il perimetro del cilindro. E’ pista di atterraggio per gli elicotteri, e consente un overview a 360° sulla metropoli. Da una parte il Nairobi National Park, oltre il quale si scorge l’aeroporto per assistere alle fasi di atterraggio e di decollo degli aerei; dall’altra i palazzi grandi e colorati, sotto la patina grigia che ricopre la città. A basso la City Square, con il bel Palazzo del Parlamento, una delle più belle aree della città. La visita al Kenyatta Conference Centre si svolge accompagnati da una guida, per una buona mezzora, al costo di € 4 a visitatore.
Langata Giraffa Centre
Sorge a poco meno di 20 chilometri da Nairobi questo centro, gestito dall’African Fund for Endagered Wildlife. Un’attrazione tipicamente turistica dove si può dare da mangiare alle giraffe di Rothschild, accarezzarle e fotografarle. Loro si avvicinano senza timore, abituate ormai al contatto con la gente, e per i bambini risulta senz’altro una visita gradita. E’ allestita una mostra didattica sulle giraffe, ma è possibile anche effettuare una visita autoguidata nella riserva del Gogo River, dove trovano l’ambiente ideale numerose specie di uccelli. Il costo del biglietto per il Langata Giraffa Centre è di € 5, il ridotto € 2,50.
©Roberto Roby Rossi
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