". Era abbastanza azzardato parlare di un'economia del turismo per un paese che usciva da pochi anni dalla dittatura di
, un pazzo furioso presente nella politica albanese dal dopoguerra fino alla sua morte, nel 1985. Sono partito per scoprire quella terra quando gli albanesi "
" il nostro paese, quando i nostri politici ed il potere economico/ecclesiale ci insegnavano a puntare il dito contro di loro, contro il "
". Poi sarebbero arrivati i
Ma è una storia vecchia, trita e ritrita, che però fa ancora incredibile presa sull'ignoranza umana, tanto che ancora oggi "l'invasione degli immigrati" è tra le armi più usate nelle tristi e nostrane campagne elettorali.
Parto in moto per l'Albania, la prima volta, nel luglio del 1999, mi imbarco a Brindisi per sbarcare ad Igoumenitsa, attraverso un pezzo di Grecia per arrivare al confine con l'Albania, evitando il tratto costiero che avevo letto essere abbastanza problematico per controlli "particolari" che avvenivano alla dogana di Konispol, mentre era più tranquillo il transito da Kakavia, anche se il giro si sarebbe fatto ben più ampio, ma chissene, era un viaggio, quindi... viaggiamo.
Superiamo il confine senza troppi intoppi ed entriamo in territorio albanese dove, ad accoglierci, un'infinita distesa di
bunker, piccole cupole che spuntano da terra fatte costruire da
Hoxha a partire dal 1950, per proteggere il popolo dalla temuta invasione da parte del blocco sovietico, dall'Italia o dagli immancabili Stati Uniti. Se ne contano circa 170.000 di bunker e la loro storia è avvolta da racconti tra realtà e leggenda.
Bene, ma questo non è il racconto del mio viaggio in Albania, che per accordi editoriale mi è impedito, quindi mi stoppo e vado al tema dell'articolo. Penso di averlo creduto già dalla mia prima esperienza di viaggio in Albania, alla fine dello scorso millennio, che questo paese avrebbe vissuto, in tempi brevi, di uno sviluppo in campo turistico tra i più importanti per questa parte di mondo. L'ho pensato dopo aver visitato
Saranda ed il tratto costiero che splendeva di una bellezza rara, dopo aver incontrato e parlato con tanta gente, donne e uomini che in buona parte parlavano correntemente l'italiano e che conoscevano l'Italia, direttamente per averci vissuto o indirettamente per avere avuto parenti stretti che erano sbarcati con i gommoni sulle nostre coste alla ricerca di una possibilità, quella che all'epoca era consentita e che oggi è invece, con il termine di "
migrazione economica" non è più riconosciuta e viene respinta con leggi "
alzamuro" o invenzioni criminali di altro genere.
Ho scoperto che gli albanesi, all'epoca additati come l'AIDS "se la conosce la eviti", erano gente straordinaria, di un'accoglienza naturale e spontanea, di una generosità rara, di una disponibilità e di una genuinità che dalle nostre parti è ormai in via di estinzione e si mantiene ancora viva solo in poche fortunate terre dalla forte cultura locale e dalle tradizioni mantenute e preservate integre.
La scoperta di questa splendida terra, fatta di una straordinaria combinazione "popolo - territorio", mi aveva assicurato sul futuro di questa meravigliosa Albania. Alla faccia di chi mi diceva che ero matto ad andare in Albania, in moto e con un bambino di soli 14 anni, che avrei rischiato di tornare senza uno e senza l'altro. Invece tornavo con un bagaglio ben più grande, con dentro di me la conoscenza di un popolo di grande sensibilità, di grandi valori, l'esatto opposto di quanto descritto su quei giornalacci e in quegli orribili programmi televisivi che hanno l'arroganza di raccontare la verità, che hanno la colpa mortale di riempire le case e le teste stupide di paure, di falsità.
Avevo scoperto che viaggiare l'Albania e le sue strade, a cavallo di una moto o a bordo di un auto, era già di per sè una bella avventura, a schivare buche che erano crateri, a districarsi su sterrate che erano le principali vie di comunicazione, ad indovinare quale fosse la direzione giusta perchè non esistevano nemmeno le ombre di cartelli stradali e segnalazioni. Avevo scoperto che in caso di difficoltà, il vecchio seduto davanti ad una porta malridotta o la signora carica di legna che si dirigeva verso casa, non ti dava alcuna informazione se non accettavi l'invito di sederti al loro tavolo per bere un bicchiere di vino rosso, accompagnato spesso da un pezzo di formaggio. In cambio volevano solo una stretta di mano ed un abbraccio, perchè eri dentro ad una comunità sinceramente accogliente, veramente buona, dannatamente migliore della nostra che, invece, li temeva, senza avere la minima conoscenza della storia che legava il popolo albanese al nostro, senza sapere chi erano gli "
arbe¨reshe¨" e cosa hanno rappresentato per l'Italia. Ma vabbè, la tv non lo spiegava e i giornali non avevano spazio sufficiente.
Avevo scritto di un paese che si stava avviando a diventare una delle mete turistiche di questa parte del pianeta tra le più straordinarie, capace di una crescita e di uno sviluppo che l'avrebbe inserita tra le top del nuovo mercato turistico. E con grande gioia, ma senza alcun stupore, ecco che viene a darmi conferma di quanto previsto un pezzo di
TTG "ITALIA - Viaggiare 2018" che, riprendendo il report del
World Economic Forum su Travel & Tourism Competitiveness "
ha consacrato come una delle maggiori 'rising star' internazionali l'Albania, che è al primo posto tra le mete emergenti del pianeta e rappresenterà la nuova frontiera del turismo italiano nel 2018".
Una news, quella dell'Albania, che non stupisce chi ha conosciuto quella terra e quella gente, ma che potrà far riflettere chi ha sempre pensato che "aiuto, arrivano gli albanesi", sempre se vorranno riflettere, anzichè continuare a rimanere nella loro beata ignoranza.
Peggio per loro. Non per gli albanesi, peggio per l'italia ignorante, quella della paura, quella dei tiggì, quella dei giornalacci.
E invece brava Albania, benvenuta laddove sapevo di incontrarti.
E grazie, per come mi hai accolto, con la tua semplice bellezza, quella del tuo paesaggio, quella del tuo popolo.
©Roberto Roby Rossi